La protezione civile secondo Bertolaso. Il caso di Cavallerizzo di Cerzeto
Post date: Sep 20, 2010 2:36:13 AM
domenica 19 settembre 2010
di LUIGI GUIDO
Chi non riusciva a spiegarsi come mai Guido Bertolaso avesse "deciso" di tornare improvvisamente in Calabria dopo esservi stato una settimana prima, lo ha capito giusto dopo qualche ora dal suo arrivo. Ad aspettarlo a Cosenza c'erano tutte le forze dell'ordine del territorio, con in testa il procuratore capo presso il Tribunale della città capoluogo. E siccome Bertolaso non ama viaggiare in macchina, disponendo ormai per qualsiasi spostamento di elicotteri ed elicotteristi, ecco che ha dovuto dissimulare la chiamata giudiziaria con una (simulata) passerella istituzionale in pompa magna presso i cantieri della new town di Cerzeto.
Cerzeto è un comune della provincia di Cosenza, già noto alle cronache nazionali per esser rimasto colpito da una frana quasi sei anni or sono. In quell'evento del 7 marzo 2005 rimase danneggiata una parte della frazione "Cavallerizzo" di Cerzeto, il che indusse il celere Guido Bertolaso a decidere quel giorno stesso, seduta stante, di costruire una "nuova Cavallerizzo".
Da quel dì il gruppo dirigente della Protezione civile italiana ha imposto lo stato di emergenza che il governo, anno dopo anno, proroga e prorogherà sino a quando non saranno ultimati i lavori della new town. Da quel dì, la grande macchina bertolasiana ha chiesto e ottenuto dal governo uno stanziamento base di 60 milioni di euro l'anno per tali emergenze, con una scadenza a tre lustri. Così fu che il sottosegretario Gianni Letta, consegna nella disponibilità del Guido nazionale una somma base, a priori, di 900 milioni di euro. Nel frattempo, quasi quattro anni dopo, c'è stato il terremoto in Abruzzo.
Sta di fatto che, comunque, per Cavallerizzo di Cerzeto lo Stato ha già speso intorno ai 200 milioni di euro senza spostare un solo sassolino da quella frana avvenuta il 7 marzo 2005. E dunque, dove sono finiti tutti quei soldi? È certo questa una delle domande cui Bertolaso dovrà rispondere - e dar conto - alla procura della Repubblica di Cosenza. Una, ma non la sola. Perché oltre a dover giustificare tutti gli emolumenti assegnati a progettisti, consulenti, collaboratori e appaltatori della new town di Cerzeto, si dovrà anche occupare di spiegare come mai in quasi sei anni di "regime di emergenza" non è riuscito a spendere neppure un centesimo che fosse uno da destinare al ripristino del sito franato. Ma non è tutto.
Giacché il capo della Protezione Civile dovrà altresì premurarsi di dettagliare alla magistratura le ragioni che lo indussero ad optare per la costruzione di 300 case, quando a caderne furono soltanto 30 e dovrà magari riuscire a convincere le autorità giudiziarie della bontà di quell'idea di de-localizzare l'intero paese.
Se non bastasse, su Cavallerizzo di Cerzeto c'è tutto lo spettro di quella che è stata definita la "cricca" saltata fuori all'indomani delle indagini giudiziarie sul G8 della Maddalena in Sardegna nonché di quelle sul terremoto de L'Aquila. Infatti è proprio Cavallerizzo di Cerzeto a far da "modello" alle operazioni emergenziali volute da Bertolaso e manovrate dal fedele ed onnipresente Diego Anemone, principale punto di riferimento e attore delle ricostruzioni targate "Prociv SpA". Infatti è proprio Diego Anemone il fac-totum della new town di Cerzeto.
Ma la macchina del gruppo dirigente della Protezione civile è grande. E quando si muove deve poterlo fare con una certa agilità. Per questo c'è bisogno di una "autorizzazione" che le permetta di non osservare alcuna legge dello Stato. Detto, fatto. Una super legge dà a Bertolaso pieni poteri d'azione, al di là d'ogni limite normativo italiano.
Tessendo anzi una vera e propria "griglia legislativa" ad hoc che consentisse alla Protezione Civile di fare il comodo che più le aggradasse. Fu così che il 29 settembre 2005 il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei Ministri firmò un'ordinanza del presidente del Consiglio, la n.3463, (atto assolutamente incostituzionale poiché promanato da una legge ordinaria che, però, modifica il dettato della norma costituzionale, dunque illegittima) con la quale si mettono nelle mani di Guido Bertolaso ben 58 milioni e mezzo di euro, "a partire dall'anno 2005" e per il tempo di quindici anni. Quella di Cavallerizzo di Cerzeto, insomma fu una frana destinata a fare scuola. E che scuola.
Con una corsia preferenziale che consente alle strutture bertolasiane d'arrivare prima e meglio di tutti in Italia a qualunque fondo economico possibile e immaginabile. Perché la somma base di 60 milioni non è la sola utilizzata.
Gli organi di polizia giudiziaria cosentini, infatti, dovranno anche capire come si sia potuto "piegare" lo scopo dell'otto per mille che, dalla chiesa cattolica è stato "collettato" direttamente alle casse del gruppo preposto alla "emergenza" della "Protezione civile". Ed ecco le prove: con un Dpm del 30 gennaio 2006, Gianni Letta, ripartendo la quota dell'otto per mille dato dagli italiani alla Chiesa cattolica, stabilisce di destinare due milioni e mezzo di euro all'emergenza frana di Cerzeto. E in quel decreto sono palesi e macroscopiche le differenze, atteso che risponde a ben "1.512" domande di finanziamento per complessivi 11 milioni e 800mila euro.
Senza contare che la stessa norma esclude dai beneficiari "le pubbliche amministrazioni". Ma il punto centrale della questione è che neppure un centesimo di quei 2,5 milioni è servito a porre rimedio alla frana, poiché i soldi hanno finito per foraggiare i progetti della new town. Eppure quello dell'otto per mille era uno strumento utilizzato per tutt'altre faccende di ben altro valore sociale: almeno fino a quando quei fondi non son serviti alla grande macchina di Guido Bertolaso.
Risultato. È da quasi sei anni ormai che a Cerzeto vige un regime di emergenza che non si giustifica in nessun modo tranne che per succhiare denaro pubblico in deroga a tutte le leggi dello Stato. L'emergenza dura un anno, poi si passa a regime di ordinaria amministrazione. È da quasi sei anni ormai che il pezzo di territorio franato è rimasto così com'era dopo quel 7 marzo 2005. Nel crollo rimase coinvolta anche una strada provinciale che collega dieci comuni limitrofi, isolati e tagliati fuori dai collegamenti viari, da quella data a oggi.
I soldi spesi per la costruzione della new town ammontano sino a oggi ad oltre 70 milioni (per il solo cantiere), più i contributi pagati agli sfollati per far fronte alle spese di locazione in altri siti (circa trecento persone), più il danaro erogato a favore di consulenti e collaboratori. La frana colpì solo l'11,5% dell'abitato di Cavallerizzo (dati della stessa Protezione Civile) costituito totalmente da manufatti posticci, mentre il centro storico, risalente a quattro secoli fa (eretto dai fedeli seguaci del condottiero albanese Giorgio Castriota Skanderbeg), è perfettamente integro in ogni sua parte.
I dati di rilevamento satellitare non hanno mai registrato il benché minimo spostamento del centro storico che, ben si sa, sorge sulla dura roccia. Per cui sono attualmente 270 le case mai colpite da quella frana. Non è casuale che il Ministero dei Beni Culturali abbia imposto il proprio veto su quella frazione, anzi obbligando le istituzioni al suo recupero ma, anche qui, Bertolaso ha fatto "orecchio di mercante".
Insomma, razziato il territorio, sperperato il danaro pubblico, irrisolta l'emergenza frana, Bertolaso continua a vietare agli abitanti di Cavallerizzo di fare ritorno nelle proprie vecchie ma sane e amate case, altrimenti non riuscirebbe a giustificare quel colosso edilizio (assolutamente obbrobrioso dal punto di vista estetico e architettonico, in nulla confacente al preesistente sito), del tutto identico a quelli che la Protezione Civile ha programmato di "stampare" in serie per ogni dove vi fosse uno spostamento di terra. Analoga cosa accadde in quel di San Giuliano in Puglia (uguali i costruttori, uguale la cricca), idem per l'Abruzzo, stesso copione per il Messinese salvo l'intervento deterrente della Procura fiorentina di qualche mese addietro.
E il danno non si ferma qui, se si considera che una volta ultimati i lavori di costruzione della new town, non un solo alloggio potrà essere consegnato a chiunque decida, comunque, di entrarne in possesso poiché mancheranno tutte le opere di urbanizzazione (strade, fogne, reti idriche ed elettriche), che sono a carico del comune di Cerzeto. Purtroppo c'è che il Comune è in totale collasso finanziario e non potrà in alcun modo, dunque, provvedere a tali opere.
Tanto è vero che il sindaco Giuseppe Rizzo, su specifico "ordine" del Sottosegretariato alla presidenza del Consiglio dei Ministri, ha prorogato sino al 2012 l'erogazione del Contributo di autonoma sistemazione a beneficio dei trecento sfollati. Eppure "San Guido" nella sua visita forzata del 16 settembre scorso a Cerzeto ha avuto la faccia tosta di dire che i cittadini sin dai prossimi giorni potranno godere del "possesso" dei nuovi alloggi, al solo fine però di "visionarli e decidere in che modo sistemeranno i mobili", una volta consegnate loro le chiavi.
Perciò la Procura di Cosenza vuole vederci chiaro per agire, salvo il giusto garantismo, contro ogni provato illecito (civile ma soprattutto penale). D'altronde un fermo punto d'illegittimità è già stato espresso dal Tar Lazio, lo scorso mese di aprile, inficiando il verbale col quale si stabilì di de-localizzare il paese.
http://www.agenziaradicale.com/index.php?option=com_content&task=view&id=11095&Itemid=51